LA PIATTEZZA CONFORMISTICA DEI MEDIA ASSERVITI AL POTERE ECONOMICO E POLITICO

 Il meccanismo attraverso cui si attua questo livellamento, è costituito dalla “fissazione delle priorità”: esiste un certo numero di mezzi d’informazione che determinano una sorta di struttura prioritaria delle notizie, alla quale i media minori devono più o meno adattarsi a causa della scarsità delle risorse a disposizione. Le fonti primarie che fissano le priorità, sono grandi società commerciali a redditività molto alta, e nella grande maggioranza sono collegate a gruppi economici ancora più grandi. L’obiettivo è quello che Chomsky definisce come la “fabbrica del consenso”, ossia un sistema di propaganda estremamente efficace per il controllo e la manipolazione dell’opinione pubblica (Manufacturing consent: the political economy of the mass media 1988, Understanding power: the indispensable Chomsky 2002). Noam Chomsky ha elaborato la lista delle 10 strategie della manipolazione attraverso i mass media.

 1) La strategia della distrazione. L’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élite politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e d’informazioni insignificanti. La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi alle conoscenze essenziali, nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. Mantenere l’attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza. Mantenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare, di ritorno alla fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).

2) Creare problemi e poi offrire le soluzioni. Questo metodo è anche chiamato “problema-reazione-soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che si dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, o organizzare attentati sanguinosi, con lo scopo che sia il pubblico a richiedere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito della libertà. O anche: creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.

3) La strategia della gradualità. Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi. È in questo modo che condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni ‘80 e ‘90: stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione in massa , salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero state applicate in una sola volta.

4) La strategia del differire. Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, ottenendo l’accettazione pubblica, nel momento, per un’applicazione futura. È più facile accettare un sacrificio futuro che un sacrificio immediato. Prima, perché lo sforzo non è quello impiegato immediatamente. Secondo, perché il pubblico, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. Questo dà più tempo al pubblico per abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo rassegnato quando arriva il momento.

5) Rivolgersi al pubblico come ai bambini. La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico, usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale. Quando più si cerca di ingannare lo spettatore, più si tende a usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge a una persona come se avesse 12 anni o meno, allora, in base alla suggestionabilità, lei tenderà, con certa probabilità, a una risposta o reazione anche sprovvista di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno” (vedere “Armi silenziose per guerre tranquille”).

6) Usare l’aspetto emotivo molto più della riflessione. Sfruttate l’emozione è una tecnica classica per provocare un corto circuito su un’analisi razionale e, infine, il senso critico dell’individuo. Inoltre, l’uso del registro emotivo permette aprire la porta d’accesso all’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o indurre comportamenti.

7) Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità. Far sì che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie e i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza dell’ignoranza che pianifica tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare dalle classi inferiori“.

8) Stimolare il pubblico ad essere compiacente con la mediocrità. Spingere il pubblico a ritenere che è di moda essere stupidi, volgari e ignoranti…

9) Rafforzare l’auto-colpevolezza. Far credere all’individuo che è soltanto lui il colpevole della sua disgrazia, per causa della sua insufficiente intelligenza, delle sue capacità o dei suoi sforzi. Così, invece di ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e s’incolpa, cosa che crea a sua volta uno stato depressivo, uno dei cui effetti è l’inibizione della sua azione. E senza azione non c’è rivoluzione!

10) Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscono. Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno generato un divario crescente tra le conoscenze del pubblico e quelle possedute e utilizzate dalle élite dominanti. Grazie alla biologia, la neurobiologia, e la psicologia applicata, il “sistema” ha goduto di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia nella sua forma fisica sia psichica. Il sistema è riuscito a conoscere meglio l’individuo comune di quanto egli stesso si conosca. Questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un controllo maggiore e un gran potere sugli individui, maggiore di quello che lo stesso individuo esercita su se stesso.

IL FETICCIO DELLA LIQUIDITA’

Speculazione e investimento

Si potrebbe supporre che la concorrenza fra esperti operatori professionali, i quali possiedano giudizio e cognizioni superiori a quelle medie degli investitori privati, corregga gli sbandamenti dell’individuo ignorante abbandonato a se stesso. Si verifica invece che le energie e l’abilità dell’investitore e dello speculatore professionale si esercitano principalmente in altre direzioni. Infatti la maggioranza di queste persone si occupano soprattutto non già di compiere migliori previsioni a lungo termine sul rendimento probabile di un investimento per tutta la durata della sua vita, ma di prevedere variazioni della base convenzionale di valutazione con un breve anticipo rispetto al grosso pubblico. A loro non interessa ciò che un investimento vale realmente per i cosiddetti “cassettisti”, ossia per coloro che lo acquistano per conservarlo; ma il livello cui il mercato lo valuterà, sotto l’influenza della psicologia di massa, fra tre mesi o fra un anno. Né si può dire che questo comportamento sia il prodotto di un animo perverso; è un risultato inevitabile di un mercato degli investimenti organizzato secondo le linee suesposte. Sarebbe sciocco, infatti, pagare 25 per un investimento il cui reddito prospettivo sia ritenuto tale da giustificare un valore di 30, se nello stesso tempo si ritiene che il mercato lo valuterà 20 fra tre mesi.

Così l’investitore professionale è costretto ad occuparsi di prevedere quel genere di variazioni più vicine, nelle notizie o nell’ambiente, che l’esperienza indica maggiormente atte ad influenzare la psicologia collettiva del mercato. Questo è il risultato inevitabile di mercati d’investimento organizzati avendo di mira la cosiddetta “liquidità”. Fra le massime della finanza ortodossa, nessuna è per certo più antisociale del feticcio della liquidità, la dottrina che sia virtù positiva da parte degli istituti d’investimento concentrare i propri mezzi sul possesso di titoli “liquidi”. Essa dimentica che non esiste liquidità dell’investimento per la collettività nel suo complesso. Lo scopo sociale dell’investimento consapevole dovrebbe essere di sconfiggere le oscure forze del tempo e dell’ignoranza che avviluppano il nostro futuro. Invece, lo scopo privato dei più esperti investitori di oggi è il to beat the gun come dicono gli americani, metter nel sacco la gente, riuscire a passare al prossimo la moneta cattiva o svalutata.

Per questa guerra di astuzia, a chi meglio indovina la base della valutazione convenzionale fra qualche mese, invece del rendimento prospettivo di un investimento nel corso di un lungo periodo di anni, non è nemmeno necessario che vi siano dei gonzi fra il pubblico, da gettare in pasto nelle fauci degli operatori professionali. Nemmeno è necessario che qualcuno coltivi un’ingenua fiducia sulla validità duratura della base convenzionale di valutazione. Questa guerra si assomiglia infatti al gioco dell’uomo nero o delle sedie musicali, un passatempo nel quale vince chi riesce a passare l’uomo nero al compagno al momento giusto, o chi riesce a conquistarsi una sedia quando la musica smette di suonare. Questi giochi possono farsi con gusto o diletto, benché tutti i giocatori sappiano che l’uomo nero sta circolando o che quando la musica smette alcuni di loro si troveranno senza sedia.

Oppure, per variare leggermente la metafora, l’investimento professionale può essere paragonato a quei concorsi dei giornali, nei quali i concorrenti devono scegliere i sei volti più graziosi fra un centinaio di fotografie, e nei quali vince il premio il concorrente che si è più avvicinato, con la sua scelta, alla media fra tutte le risposte; cosicché ciascun concorrente deve scegliere, non quei volti che ritenga più graziosi, ma quelli che ritiene più probabile attirino i gusti degli altri concorrenti, i quali a loro volta affrontano tutti quanti il problema dallo stesso punto di vista. Non si tratta di scegliere quelli che, giudicati obiettivamente, sono realmente i più graziosi, e nemmeno quelli che una genuina opinione media ritenga i più graziosi. Abbiamo raggiunto il terzo grado, nel quale la nostra intelligenza è rivolta ad indovinare come l’opinione media immagina che sia fatta l’opinione media medesima. E credo che vi siano alcuni che praticano il quarto, il quinto grado e oltre.

Si potrà forse obiettare che un individuo abile il quale, impassibile di fronte al gioco dominante, continui ad acquistare investimenti secondo le migliori aspettative a lungo termine che egli si possa formare, deve a lungo andare guadagnare certamente grandi profitti a spese degli altri giocatori. Gli si può rispondere, in primo luogo, che in realtà vi sono tali individui che operano seriamente, e che è molto diverso per un mercato d’investimenti se con la loro influenza essi predominano o no sui giocatori d’azzardo.

Ma si deve anche aggiungere che vi sono parecchi fattori i quali ostacolano il predominio di tali individui nei mercati di investimento moderni. L’investimento basato su genuine aspettative a lungo termine è oggi così difficile da essere scarsamente praticabile. Chi cerca di realizzarlo deve certamente condurre giornate più laboriose e incorrere in rischi maggiori di chi si ingegna di indovinare meglio della folla come la folla stessa si comporterà; e, a parità di intelligenza, potrà compiere errori più disastrosi.

L’esperienza non dimostra affatto in modo chiaro che la politica di investimento più conveniente dal punto di vista sociale coincide con quella che offre i maggiori profitti. Occorre un’intelligenza maggiore per sconfiggere le forze del tempo e la nostra ignoranza che per gabbare il prossimo. Per di più, la vita non è lunga abbastanza: la natura umana desidera risultati solleciti, vi è un gusto particolare nel far denaro alla svelta, e i guadagni futuri sono scontati dall’uomo medio ad un saggio molto alto. Il gioco dell’investimento professionale è noioso e defatigante in modo intollerabile per chiunque sia del tutto immune dall’istinto del gioco d’azzardo; e chi lo possiede deve pagare il giusto scotto per questa sua tendenza.

E ancora, un investitore che si proponga di ignorare le fluttuazioni a breve termine del mercato, ha bisogno, per operare con sicurezza, di mezzi maggiori, e deve operare su scala minore o per nulla affatto con fondi presi a prestito; e questa è un’altra causa del perché il gioco renda di più, a parità di intelligenza e di mezzi. Infine, sarà proprio all’investitore a lungo termine, ossia a colui che maggiormente promuove il pubblico interesse, che saranno rivolte le massime critiche, ogni qual volta fondi di investimento siano amministrati da comitati o consigli o banche. Giacché il suo comportamento, per la sua essenza stessa, risulterà eccentrico, anti convenzionale e avventato agli occhi dell’opinione media. Se egli ha successo, ciò avrà il solo effetto di confermare il convincimento generale della sua avventatezza; e se, a breve andare, egli fallisce, come è molto probabile, non riceverà molta commiserazione. La saggezza del mondo insegna che è cosa migliore per la reputazione fallire in modo convenzionale, anziché riuscire in modo anti convenzionale.

Se vogliamo applicare il sostantivo speculazione all’attività di prevedere la psicologia del mercato, e il sostantivo intraprendenza all’attività di prevedere il rendimento prospettivo dei beni capitali per tutta la durata della loro vita, è certo che non sempre si verifica che la speculazione predomini sull’intraprendenza. Tuttavia, quanto più perfezionata è l’organizzazione dei mercati d’investimento tanto maggiore sarà il rischio che la speculazione prenda il sopravvento sull’intraprendenza.

In uno dei maggiori mercati di investimento del mondo, New York, l’influenza della speculazione (nel senso suddetto) è enorme. Anche al di fuori del campo del mercato finanziario, gli americani sono eccessivamente propensi ad interessarsi di scoprire come l’opinione media immagina che sarà l’opinione media stessa; e questa debolezza nazionale trova la sua nemesi nel mercato dei titoli. E’ raro – si dice – che un americano investa, come fanno ancora molti inglesi, “per il reddito”; ed egli non sarà molto disposto ad acquistare un investimento se non nella speranza di un aumento del valor capitale.

In altre parole l’americano, quando acquista titoli, ripone le sue speranze non tanto sul loro rendimento prospettivo, quanto su un mutamento favorevole della base convenzionale di valutazione; è quindi uno speculatore, nel senso sopra precisato. Gli speculatori possono non causare alcun male, come bolle d’aria in un flusso continuo di intraprendenza; ma la situazione è seria quando l’intraprendenza diviene la bolla d’aria in un vortice di speculazione.

Quando lo sviluppo del capitale di un paese diventa un sottoprodotto delle attività di un casino da gioco, è probabile che vi sia qualcosa che non va bene. I successi conseguiti da Wall Street, come organo rispondente alla specifica funzione sociale di instradare l’investimento nuovo nelle direzioni più redditizie in termini di rendimento futuro, non si possono certo ritenere uno dei più clamorosi successi del capitalismo del lasciar fare; né vi è da stupirsene, se è corretto il mio convincimento che le menti migliori di Wall Street sono state di fatto rivolte verso scopi diversi.

Queste tendenze sono una conseguenza difficilmente evitabile dei mercati d’investimento “liquidi”, che con tanto successo abbiamo organizzato. Si riconosce generalmente che le case da gioco devono essere, nel pubblico interesse, inaccessibili e costose; e forse lo stesso vale per le borse dei titoli. Che i mali della borsa dei titoli di Londra siano inferiori a quelli di Wall Street può essere dovuto non tanto al diverso carattere nazionale, quanto al fatto che per l’inglese medio Throgmorton Street, in confronto a Wall Street per l’americano medio, è inaccessibile e costosissima.

La copertura dell’agente di cambio, le alte commissioni di mediazione e le gravi imposte di trasferimento da pagare al fisco, che gravano sulle operazioni alla borsa titoli di Londra, diminuiscono sufficientemente la liquidità del mercato (benché l’uso delle liquidazioni quindicinali operi in senso contrario) per escludere una larga parte delle negoziazioni caratteristiche di Wall Street. L’introduzione di una forte imposta di trasferimento per tutte le negoziazioni potrebbe dimostrarsi la riforma più utile, allo scopo di mitigare il predominio della speculazione sull’intraprendenza negli Stati Uniti.

Lo spettacolo dei moderni mercati di investimento mi ha talvolta portato alla conclusione che un rimedio utile per i nostri mali contemporanei potrebbe essere quello di rendere un investimento permanente e indissolubile come il matrimonio, salvo che per causa di morte o altro grave motivo. In tal modo, infatti, si obbligherebbe l’investitore ad orientare la sua mente verso le prospettive a lungo termine e verso queste soltanto. Ma se si riflette un momento su questo espediente, si vede come si urti contro un dilemma, e ci si rende conto come la liquidità del mercato spesso faciliti – benché talvolta ostacoli – il processo dell’investimento nuovo.

Giacché il fatto che ciascun investitore singolo si compiace di considerare “liquido” il suo investimento (benché questo non possa valere per tutto l’insieme degli investitori) tiene calmi i suoi nervi o lo rende assai più disposto ad assumersi un rischio. Se i singoli acquisti di investimenti fossero resi non liquidi, ciò potrebbe ostacolare seriamente l’investimento nuovo, fino a quando non si mettessero a disposizione dell’individuo modi alternativi nei quali tenere i suoi risparmi. Questo è il dilemma. Fino a quando è aperta all’individuo la possibilità di impiegare la sua ricchezza nell’accumulare o nel prestare la moneta, l’alternativa di acquistare beni capitali reali non può venir resa abbastanza attraente (specialmente per chi non li amministra egli stesso e conosce molto poco su di essi), se non organizzando mercati nei quali quei beni possano essere facilmente realizzati in moneta.

L’unica cura radicale delle crisi di fiducia che affliggono la vita economica del mondo moderno sarebbe di non concedere al singolo altra alternativa che consumare il suo reddito, oppure ordinare la produzione di quegli specifici beni capitali che – fosse anche sulla base di elementi certi di giudizio – gli diano l’impressione di essere il più promettente fra gli investimenti per lui disponibili. In tempi in cui egli fosse assalito più del solito da dubbi sul futuro, potrebbe darsi che la sua perplessità provocasse un aumento del suo consumo e una diminuzione dell’investimento nuovo. Ma ciò eviterebbe le ripercussioni disastrose, cumulative e di vasti effetti della possibilità, in caso di dubbi di tal genere, di non spendere il proprio reddito né in un modo né nell’altro.

Coloro i quali hanno messo in rilievo i pericoli sociali della tesaurizzazione della moneta hanno avuto, naturalmente, qualcosa di simile in mente. Ma hanno trascurato di tener conto della possibilità che il fenomeno possa accadere senza variazione, o almeno senza variazione adeguata, della tesaurizzazione della moneta.

ECONOMIA CANAGLIA

DALLA LOTTA DI CLASSE ALLA LOTTA DI TASSE

Ho già citato alcune stime che suggeriscono quanto sia vasto è dannoso il sistema offshore: ad esso sono riconducibili metà degli attivi bancari mondiali, un terzo degli investimenti del pianeta e molto altro. Tuttavia, sono stati fatti ben pochi tentativi di quantificare il danno causato alla popolazione mondiale ogni anno direttamente ed indirettamente. Recentemente però alcune organizzazioni non governative hanno provato a misurare l’entità del fenomeno. Nel 2005 Tax Justice Network ha stimato che i capitali offshore detenuti da ricchi facoltosi potrebbero ammontare a circa 11.500 miliardi di dollari, un importo pari ad un quarto di tutta la ricchezza mondiale e pari all’intero PIL degli stati uniti. Se si mettesse in fila questa somma di denaro in banconote di un dollaro, si potrebbe coprire per ben 2300 volte la distanza dalla terra alla luna e ritorno.

Secondo le stime il gettito fiscale che si potrebbe ottenere tassando il reddito generato da questi capitali ammonterebbe a circa 250 miliardi di dollari pari a circa 3 volte l’intero bilancio mondiale stanziato in aiuti per combattere la povertà nei paesi in via di sviluppo.

E stiamo parlando del solo mancato gettito fiscale dei capitali detenuti nei centri offshore  da individui facoltosi. Si aggiunga a questo la manipolazione degli scambi intrasocietari  e si comincerà a farsi un’idea delle dimensioni colossali dei flussi transfrontalieri  illeciti di capitali.

Lo studio in questione è stato perfezionato all’interno del programma Global Financial Integrity. Secondo i calcoli effettuati nel GFI nell’anno 2009, nel 2006  i paesi in via di sviluppo hanno perso tra gli 850 e i 1100 miliardi di dollari a causa dei flussi finanziari illeciti, perdite che sono successivamente cresciute al ritmo del 18% all’anno. Mettendo questa cifra a confronto con i 100 miliardi di dollari spesi ogni anno per gli aiuti internazionali è facile giungere alla seguente conclusione: Per ogni dollaro generosamente elargito alla luce del sole ai paesi poveri, noi occidentali ci riprendiamo 10 dollari di capitali illeciti sotto banco.

Non c’è modo per cui questa formula possa funzionare per nessuno, che sia ricco o no. Ricordatelo la prossima volta che qualche brillante economista si domanda perchè gli aiuti all’Africa siano inefficaci.

Ma non finisce qui !!! Disgregando i dati di questo studio, approvato anche dalla banca mondiale emergono altri tre gravissimi flussi finanziari illeciti provenienti da attività criminali classiche. Il denaro proveniente da narcotraffico, contraffazione, taglieggiamento e così via ammonta a circa 350 miliardi di dollari l’anno. I flussi finanziari legati alla corruzione, alle tangenti locali trasferite all’estero o a tangenti pagate in altri paesi ammontano a circa 50 miliardi di dollari l’anno. I flussi legati al terrorismo internazionale ed al suo finanziamento occupa invece circa i due terzi del totale delle altre due voci.

Cosa se ne deduce ? Semplice !!!! I narcotrafficanti , i terroristi e gli altri criminali in genere utilizzano gli stessi meccanismi e sotterfugi offshore , banche di comodo,  trust e società fittizie usati dalle grandi imprese e dalle multinazionali !!! 

La domanda a questo punto sorge spontanea: Come possiamo sconfiggere il terrorismo, il traffico di stupefacenti, la corruzione ed altre varie attività criminali se non combattiamo il fenomeno offshore ovvero il grande vero bubbone dell’elusione e dell’evasione fiscale ?

In questo quadro generale, non c’è da stupirsi che, secondo le stime degli organismi di controllo USA, in questa battaglia il tasso di successo è circa dello 0,1% nell’intercettare il denaro proveniente dalle attività criminali.

I proventi riciclati del narcotraffico, del terrorismo e della corruzione si muovono parallelamente al denaro sporco proveniente dall’evasione fiscale, che gli stati uniti e l’Europa accolgono di buon grado. Sono due rotaie di uno stesso binario che attraversa il sistema finanziario internazionale. Non si può affrontarne uno senza affrontare l’altro.

E queste, non dimentichiamoci, sono solo le operazioni illegali. L’elusione offshore praticata legalmente da individui ed imprese, che defraudano ulteriormente la gente onesta che lavora, aggiunge alle cifre elencate altri miliardi e miliardi di dollari.

Non esiste nessuna stima ufficiale del danno complessivo causato dal sistema offshore. L’organizzazione non governativa Eurodad ha pubblicato un libro dal titolo : “Illicit Flow Report 2009, che tenta di illustrare in un centinaio di pagine, tutte le stime ufficiali complessive dei flussi finanziari complessivi illeciti a livello globale. Le pagine sono provocatoriamente tutte bianche !!!

La pubblicazione di Eurodad  mira a sottolineare un punto cruciale: il sistema offshore è il mezzo più potente che sia mai esistito per trasferire ricchezza dai poveri ai ricchi eppure i suoi effetti sono rimasti quasi invisibili. Come dire, gli effetti ideologici più stabili al mondo sono quelli che per agire, non hanno bisogno di parole ma del lasciar fare e del silenzio complice.

Il linguaggio stesso incoraggia questa cecità. Nel settembre del 2009 i paesi del G20 si sono impegnati attraverso l’ennesimo comunicato ufficiale ad “arrestare i deflussi illeciti di capitali ” (occhio alle parole !!!). Consideriamo adesso la parola “deflussi” come “fuga di capitali”, e si capisce come questo termine punta il dito verso le vittime: paesi come il congo che, insiste implicitamente questo linguaggio, devono essere posti al centro della bonifica. Ma ad ogni deflusso corrisponde necessariamente un afflusso di denaro da qualche altra parte…. o no ?

Come sarebbe stato diverso l’impegno espresso in quel comunicato se i paesi del G20 avessero  promesso di porre fine agli “afflussi illegali. Restando sui paesi in via di sviluppo c’è un’altro aspetto su cui riflettere. Quando un paradiso fiscale crea un nuovo sistema innovativo per consentire a ricconi ed imprese di evadere le tasse, i paesi ad alto reddito  tendono a prendere contromisure, rappezzando al meglio i loro sistemi di tassazione per difendersi dai nuovi abusi. Ma i paesi in via di sviluppo, spesso inconsapevoli della crescente complessità del sistema offshore e privi dell’esperienza necessaria, sono del tutto indifesi e restano sempre più esposti e diventano sempre più poveri.

Ma non illudiamoci, tutto questo non è un problema solo dei paesi in via di sviluppo. Il sistema offshore danneggia gravemente anche le nazioni più ricche e più grandi, persino quelle stesse che si sono trasformate in paradisi fiscali.

Oltre ad aver creato un vastissimo terreno di cultura per il crimine a livello globale, il sistema offshore è stato uno dei fattori che ha contribuito alla crisi economica e finanziaria iniziata nel 2007. Le giurisdizioni segrete hanno offerto alle società finanziarie un lasciapassare per sottrarsi alle regolamentazioni, che ha favorito la crescita esponenziale di queste operazioni che sono diventate “troppo grandi per essere lasciate fallire” e hanno esercitato una fortissima influenza sugli establishment politici di Washington e Londra. Inoltre, alleggerendo la propria regolamentazione finanziaria , i centri offshore hanno impresso una spinta irrazionale all’intero sistema,  costringendo le giurisdizioni onshore, a competere on loro in una corsa al ribasso verso una regolamentazione sempre più permissiva. “Last but no list” gli ingenti flussi finanziari illeciti hanno creato massicci afflussi netti di capitali in paesi in deficit  come gli USA e la Gran Bretagna, aggravando i più visibili squilibri macroeconomici  globali che hanno contribuito a provocare la crisi. Gli incentivi offshore hanno incoraggiato le imprese ad indebitarsi eccessivamente e a nasconderne il valore reale.

Le conseguenze sono state catastrofiche. Le imprese hanno creato una rete di complessità impenetrabile spezzando le loro operazioni finanziarie nei paradisi fiscali di tutto il mondo, rendendo le loro posizioni economiche non realmente verificabili, disorientando le autorità di vigilanza e alimentando la sfiducia reciproca tra gli operatori di mercato, acuendo la crisi bancaria e finanziaria. Motivo principe del perchè le banche ad un certo punto hanno smesso di prestarsi denaro tra loro !!!  

La fiducia è un ingrediente fondamentale in un sistema economico sano, e non c’è nulla come il sistema offshore che riesca a minarla. Non è una coincidenza infatti, che tante grandi imprese dedite alla manipolazione finanziaria come Enron, l’impero del truffatore Madoff, Long Term Capital Management, Lehman Brothers o Aig fossero cosi profondamente radicate nel sistema offshore.

Se nessuno è in grado di scoprire la vera situazione patrimoniale di un’azienda finchè  il denaro non è sparito, le truffe prosperano. E, aiutando i cittadini più ricchi a continuare ad evadere le tasse e le regolamentazioni, i paradisi fiscali ostacolano tutti i tentativi di pagare i costi del danno causato e di porvi rimedio.

Ma il punto non è l’attuale crisi finanziaria, ma qualcosa di più pericoloso: Il percorso epocale della grande finanza e delle armi estremamente potenti  che ha utilizzato nella battaglia per cercare di appropriarsi del potere politico  in tutto il mondo.

Qui entra in gioco un problema di cultura, di atteggiamenti, di principi etici e morali che sono stati capovolti a mestiere sotto i nostri occhi, nella nostra più totale indifferenza, consentendo che queste cose avvenissero sotto casa nostra, anzi dentro casa nostra.  Basti pensare che il maggior conduttore europeo del denaro criminale proveniente dall’ex unione sovietica è Cipro, una stazione intermedia per i farabutti internazionali. Eppure nel 2007 la Kpmg, una delle più famose e rispettabili società di revisione contabili del mondo, ha giudicato Cipro la migliore di tutte le giurisdizioni europee nella sua classifica dei regimi fiscali più attraenti per le imprese. Mi sembra ovvio che qualcosa non funziona in tutto questo !!!!

La tassazione è il grande assente nel dibattito sulla responsabilità aziendale. Gli amministratori delle società moderne sono giornalmente posti di fronte ad un dilemma. A chi devono rendere conto, solo agli azionisti o ad un gruppo più ampio di portatori d’interesse ?

Molte imprese considerano la tassazione un costo da minimizzare con ogni mezzo, un cancro maligno ed aggressivo che rischia di mangiarsi l’azienda che va neutralizzato, allo scopo di accrescere il più possibile il valore per gli azionisti nel breve periodo. E’ questa vision invece il vero cancro del sistema. Se sposto i miei punti di riferimento o meglio allargo l’orizzonte dei miei stakeholders in un etica non più capovolta, allora le tasse passano dall’essere un costo di produzione ad un ricavo, una distribuzione di profitti imputata a conto economico al pari dei dividendi. E’ una distribuzione alla società per finanziare strade, l’istruzione della forza lavoro ed altre componenti del contesto in cui l’azienda realizza il suo profitto.

Il mondo degli affari ha smarrito la strada, insieme alle stesse grandi società di revisione contabile, nella nostra più totale indifferenza quando, non addirittura la nostra approvazione.

Società di revisione dei conti, grandi studi legali specializzati, ed altri attori di di questa incasinata commedia umana, tutti questi, aiutando i loro clienti a ridurre il debito d’imposta hanno finito per abbracciare una moralità capovolta che considera la tassazione e la democrazia e la società un male, e i paradisi fiscali, l’elusione fiscale e la segretezza un bene. Ormai gli evasori incalliti vengono fatti cavalieri del regno. A poco a poco la moralità perversa dei paesi offshore ha finito per essere accettata nella nostra società.

La finanza offshore è per certi versi simile alle forme più tradizionali di corruzione come il pagamento di tangenti. Alcuni sostengono che la corruzione sia efficiente, perchè consente di aggirare gli ostacoli della burocrazia e di portare a termine gli affari. In questa eccezione molto limitata e che ovviamente non condivido, la corruzione in effetti è efficiente. Ma consideriamo se un sistema afflitto dalla corruzione sia efficiente e otteniamo la risposta esattamente contraria: è molto inefficiente !!!

Analogamente le giurisdizioni offshore sostengono di promuovere l’efficienza, aiutando individui ed imprese ad aggirare certi ostacoli. Ma questi ostacoli sono la tassazione, la regolamentazione e la trasparenza che, con tutti i loro difetti, sono stati creati per un buon motivo. Ciò che può sembrare efficiente agli occhi un singolo individuo o di un’azienda, diventa inefficiente quando si considera il sistema nel suo complesso. Permettendo alla “creme” della società di evadere, i paradisi fiscali  indeboliscono le regole, i sistemi e le istituzioni che promuovono il bene pubblico e fiaccano la fiducia in queste regole. In breve corrompono la politica, con effetti che tutti oggi possiamo vedere.

DALLA LOTTA DI CLASSE ALLA LOTTA DI TASSE

TUTTA COLPA DELLE BANANE !!!

Immaginate di trovarvi in un supermercato e di vedere alcune persone ben vestite che passano rapidamente per una cassa “prioritaria” dietro un cordone di velluto rosso. Dopo aver fatto la vostra interminabile fila, sullo scontrino trovate anche una voce d’importo considerevole alla voce “spese extra” che serve a sussidiare i loro acquisti. Sono addolorato, dice il direttore rispondendo alle vostre proteste, ma non abbiamo scelta: se voi non vi facesse carico della metà del loro conto, andrebbero a fare la spesa altrove. Adesso pagate !!!

Ma siccome voi non avete intenzione di pagare, allora venite perseguitati, repressi attraverso strumenti sempre più sofisticati per togliervi fin l’ultimo euro e far tornare il conto del supermercato.

“Solo il popolino paga le tasse”, ha detto una volta una milionaria americana, e purtroppo aveva ragione. E gli altri ? I ricchi ? La cosiddetta Elite economica e finanziaria ? Si avvale del sistema offshore triangolando le proprie transazioni con i famosi “paradisi fiscali”. Non vi è nel mondo un consenso unanime sulla definizione di paradiso fiscale quindi ho deciso di coniarne una tutta mia:

“paradiso fiscale è il luogo che cerca di attrarre le imprese offrendo strutture politiche stabili per aiutare le persone fisiche e giuridiche ad aggirare le norme, le leggi ed i regolamenti di altri paesi. La ragion d’essere dei paradisi fiscali è assicurare una via di fuga nei confronti della nazione in cui si vive dal pagare le imposte e dal sottostare ad una precisa regolamentazione finanziaria.”

Ma la caratteristica principale di un paradiso fiscale è quella di garantire la segretezza e l’anonimato di chi se ne serve.

Chi pensa che il paradiso fiscale o meglio il sistema offshore sia un luogo fisico, una paradisiaca isola caraibica si sbaglia, il sistema offshore è, come recitava un famoso spot, “tutto intorno a noi” Nel 2010 il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha stimato che i soli bilanci dei piccoli centri finanziari insularia ammontavano complessivamente a 19.000 miliardi di dollari, una somma pari a circa un terzo del PIL mondiale !!!. Gia nel 2008, una ricerca condotta dal GAO (Government Accountability Office) evidenziava come l’83% delle imprese americane possedeva società controllate nei paradisi fiscali. La stessa ricerca fatta l’anno successivo evidenziava come il 99% delle imprese EUROPEE si avvaleva di controllate offshore con in testa tutte le principali banche.

L’attività offshore consiste fondamentalmente nel manipolare in modo artificiale le tracce cartacee dei movimenti finanziari transfrontalieri. Per farvi un’idea di come funziona considerate le banane. Ogni casco di banane venduto in Europa segue due diversi percorsi per arrivare sulla tavola del consumatore. Il primo vede protagonista un lavoratore Honduregno impiegato in una multinazionale che raccoglie le banane, le imballa e le spedisce in Europa. Il secondo percorso, la traccia cartecea delle scritture contabili è meno lineare. Quando il casco di banane honduregno viene venduto in Italia, dove vengono generati i profitti finali da un punto di vista fiscale ? In Italia ? In Honduras ? Nella sede centrale USA della multinazionale ? Nessuno lo sa per certo, così i contabili possono più o meno inventarselo. Per esempio, potrebbero consigliare alla compagnia bananiera di porre il centro di approvvigionamento alle Cayman e di ubicare i servizi finanziari in Lussemburgo. La multinazionale USA  potrebbe stabilire il suo marchio in Irlanda , la divisione spedizioni nell’isola di Man, le “competenze manageriali” a Jersey e la sua controllata assicurativa alle Bermuda.

Immaginiamo ora che l’unità dei servizi finanziari del Lussemburgo faccia un prestito alla consociata  in Honduras praticandole un interesse di 20 milioni di dollari all’anno. La consociata Honduregna porta  questa cifra in deduzione dei suoi ricavi licoli, riducendo od azzerando i suoi profitti e le imposte dovute. I 20 milioni di dollari di extra profitto della controllata del Lussemburgo saranno soggetti alla tassazione ridicola di questo paradiso fiscale tutto europeo. Con un tocco di bacchetta magica i contabili hanno fatto sparire un debito d’imposta consistente e hanno spostato i capitali all’estero. Complimenti all’artista !!!

Questo stratagemma si chiama “tecnica dei prezzi di trasferimento”. Qualche volta questi prezzi di trasferimento vengono manipolati in maniera così esagerata da perdere ogni parvenza di realismo: carta igenica al costo di 4121 dollari al chilo, un litro di succo d’arancia a 2052 dollari e 10 penne a sfera provenienti da Trinidad a 8500 dollari ciascuna. Circa due terzi del commercio transfrontaliero viene gestito dalle multinazionali con questa tecnica. I paesi in via di sviluppo con questo giochino perdono ogni anno 160 miliardi di dollari.

Un lettore smaliziato di questo articolo potrebbe fare spallucce e raccontarsi che quella appena descritta è solo una delle tante spiacevoli conseguenze di vivere in un paese ricco. Ma chi fa mostra di tale cinismo è uno stupido che non si rende conto che ne sta pagando per primo le conseguenze. Il debito d’imposta delle multinazionali viene tagliato non solo in Honduras, ma anche in Europa ed in Italia. The Guardian nel 2006 ha scoperto che le tre principali compagnie bananiere mondiali hanno realizzato nella sola Gran Bretagna un giro d’affari di oltre 400 milioni di sterline pgando solo 128 mila sterline di tasse !!!

Nel mondo esistono circa sessanta giurisdizioni segrete, divise appositamente in quattro gruppi. Il primo è formato dai PARADISI FISCALI EUROPEI , il secondo è un’area britannica di estensione mondiale che ha il suo fulcro nella city di Londra, il terzo è una zona d’influenza incentrata sugli stati uniti, il quarto contiene alcune strane realtà come la Somalia e l’Uraguay che non hanno avuto grande successo.

I paradisi fiscali europei presero realmente slancio durante la prima guerra mondiale quando i governi inasprirono le imposte per finanziare lo sforzo bellico anche se le banche svizzere custodivano già dal secolo precedente  i capitali segreti delle elitè europee e il piccolo Lussemburgo, specializzato fin dal 1929 in certi tipi di società offshore, è oggi uno dei maggiori paradisi fiscali del mondo. Un altro importante paradiso fiscale europeo è rappresentato dai Paesi Bassi. Nel 2008 sono attraverso le finanziarie offshore olandesi sono transitati circa 12.300 miliardi di euro, pari a venti volte il Pil del paese.

Altre due importanti giurisdizioni europee in termini di segreto bancario sono l’Austria e il Belgio. Per finire con l’Europa non si possono dimenticare altri piccoli staterelli come il Liechtenstein e il principato di Monaco  che hanno un ruolo attivissimo nel sistema offshore, che vede anche la partecipazione occasionale di insolite giurisdizioni come Andorra o l’isola portoghese di Madeira, recentemente coinvolta in uno scandalo di corruzione in cui erano implicate alcune grosse società petrolifere USA operanti in Nigeria.

Il secondo gruppo di centri offshore, che comprende circa la metà delle giurisdizioni segrete del mondo, è anche il più importante. E’ costituito da un assortimento stratificato  di paradisi fiscali organizzati a raggiera che ruota intorno la city di Londra. La rete offshore della city è composta essenzialmente da tre strati.  I due anelli interni costituiti da Jersey, Guernsey e l’isola di Man e i territori d’oltre mare britannici come le isole Cayman , sono sono sostanzialmente controllati dalla Gran Bretagna e caratterizzati da sistemi finanziari offshore futuristici. L’anello più esterno è composto da una compagine più eterogenea di paradisi fiscali come Hong Kong, che non sono direttamente controllati dalla Gran Bretagna ma che hanno fortissimi legami con il Regno Unito e la city di Londra.

E’ stato stimato che questo gruppo di paradisi fiscali di stampo inglese gestisca circa un terzo di tutti gli attivi bancari a livello mondiale. Aggiungendo la City di Londra, questa stima sale alla metà.

Questa rete di satelliti offshore svolge ovviamente molte funzioni. In primo luogo assicura alla City londinese un raggio d’azione veramente globale. I paradisi fiscali britannici, disseminati in tutti i fusi orari del pianeta, attraggono e catturano capitali in transito come una ragnatela cattura gli insetti di passaggio. Questi denari vengono ovviamente poi convogliati su Londra. Ma cosa più importante, permette alla City di effettuare operazioni vietate in Gran Bretagna, assicurando ai finanzieri londinesi la distanza necessaria per negare  in modo plausibile ogni coinvolgimento negli illeciti.

Gli anelli esterni sono generalmente più malfamati di quelli interni. Per farvi un’idea di quanto sia torbida la situazione alle isole Cayman, nel 2008 le autorità dell’arcipelago hanno dichiarato al Fmi passività finanziarie per 2200 miliardi di dollari. A queste passività dovrebbe corrispondere un attivo d’importo identico, ma le Cayman hanno dichiarato solo 750 miliardi di attività di portafoglio.

Gli Stati Uniti sono il fulcro del terzo gruppo di centri offshore. Negli USA il ricorso ai paradisi fiscali è stato sempre molto più controverso che in Gran Bretagna, dove la City londinese ha completamente neutralizzato l’opposizione alla sua strategia di offshore globale. I funzionari statunitensi hanno iniziato a combattere le frodi fiscali offshore fin dal 1961, quando il presidente Kennedy chiese al congresso di approvare una legge per spazzare via i paradisi fiscali una volta per tutte. Lo Stop Tax Haven Abuse Act, appoggiato nel 2008 anche da Obama prima che salisse al potere, e il successivo svuotamento del provvedimento da parte della lobby dell’offshore, non sono che una recente schermaglia di un’antica guerra.

Come i ricchi del resto del mondo, anche i finanzieri americani a partire dagli anni settanta, sono fuggiti all’estero per sottrarsi alle norme e alle imposte vigenti nel loro paese. Prima verso l’euro mercato offshore di Londra, poi verso la ragnatela britannica ed oltre. Il sistema offshore ha permesso a wall street di aggirare la rigorosa regolamentazione finanziaria statunitense, riguadagnando progressivamente potere ed influenza sul sistema politico americano e poi, dagli anni ottanta, trasformando gli stessi stati uniti in quello che attualmente per certi versi, è il più importante paradiso fiscale del mondo.

Dovrebbe essere chiaro a questo punto che il sistema offshore non è costituito da un gruppetto di staterelli indipendenti che esercitano il proprio diritto sovrano di emanare leggi e creare sistemi fiscali che ritengono più appropriati; è piuttosto un insieme di reti d’influenza controllate dalle principali potenze economiche occidentali ed in particolare dalla Gran Bretagna, dagli USA e dall’Europa.

Ciascuna rete è interconnessa con le altre e sono tutte a disposizione dei ricchi investitori e delle imprese di tutto il mondo.

La vera lotta all’evasione fiscale è ben lontana da quella che i governanti voglio farci credere che sia. La lotta all’evasione fiscale è la lotta ai paradisi fiscali, al sistema offshore, ma come avrete capito anche dalla recente campagna elettorale in corso nel nostro paese non è una battaglia facile ne particolarmente radicata nel DNA  delle tradizionali categorie politiche sia di destra che di sinistra. Questa è una battaglia che andrebbe fatta tutti insieme, perchè ovunque viviate, chiunque voi siate o qualsiasi cose pensiate, questa battaglia vi riguarda personalmente.

Da anni milioni di persone di tutto il mondo nutrono la nauseante sensazione che c’è qualcosa di marcio nell’economia globale… Tutto questo marcio passa per il sistema offshore

IN PRIGIONE IN PRIGIONE

Si dice che il primo indicatore del grado di civiltà di un paese sia la cura ed il rispetto che i suoi abitanti hanno di anziani e bambini. Se questo è vero, e non capisco come possa non esserlo, lo spettacolo a cui probabilmente tutti abbiamo assistito dovrebbe toglierci ogni illusione : il nostro non è un paese civile.

A Padova, un bambino di 10 anni, al centro di un’aspra contesa fra i genitori separati, messo demenzialmente al centro di scontri e litigi dai suoi “esemplari” genitori, viene affidato da un giudice a una struttura protetta. Gli agenti sono andati a prelevarlo a scuola quale luogo più idoneo individuato per l’esecuzione del provvedimento, considerata tale anche sulla base delle indicazioni fornite da un consulente della stessa Corte d’Appello. Lo svolgimento dei fatti li potete giudicare da voi guardando il video su Repubblica, sempre che vi regga la pompa, e tra l’altro repubblica vi  avvisa “le mmagini che seguono potrebbero urtare la vostra sensibilità”.

Il video dura tre minuti. Tre minuti che sembrano un’eternità. Tre minuti  dove il piccolo viene strattonato, afferrato per le spalle e per le caviglie, infilato a forza nell’auto di servizio, piegato, reso impotente con tutta la forza che un adulto può esercitare, mentre grida “aiuto non respiro” Tre minuti in cui tenta inutilmente di liberarsi, di sfuggire a qualcosa che non può capire. Tre minuti che lo segneranno per sempre.

E allora…… COMPLIMENTI !!!!!

Complimenti a tutti i partecipanti idioti di questa terribile vicenda, nessuno escluso.

In ordine sparso,

Complimenti alla corte d’appello di Venezia che ha emesso una sentenza  di allontanamento del bambino dalla madre sulla base  della Pas, sindrome da alienazione parentale. Secondo la Pas, se il bambino non viene prelevato dalla famiglia materna e resettato in un luogo neutro, come una sorta di depurazione, non potrà mai riallacciare il rapporto con il padre. Tutto questo in base a una scienza spazzatura che arriva dall’America”.

Complimenti ai soliti Consulenti, medici o scienziati o sedicenti tali che si sono prestati a questa diagnosi, sono degni di alcuni loro predecessori, quelli dell’eugenetica nazista. Particolare menzione per quelli che hanno scelto la scuola per mettere in scena sto capolavoro. Cari signori voi avete la merda nel cervello !!!! Vi siete chiesti quanti altri piccoli occhi hanno potuto vedere ? Pensate che si siano divertiti ? Che rapporto potranno avere da adulti con l’autorità costituita ? Ma che ve ne frega a voi… in fondo le consulenze servono per fatturare… o no ?

Complimenti alla mamma ed ai nonni del bambino, che se non altro per amore avrebbero dovuto evitare esecuzioni coatte di questo tipo e preparare il bambino all’inevitabile separazione. Non vi hanno letto la Bibbia, non siete stati a catechismo?. La storia delle due mamme che si contendevano il bambino vi dice niente ? Cara sedicente mamma, lei ama suo figlio o odia semplicemente il suo ex marito ?

Complimenti al padre del bambino. Questo o è stupido o è in mala fede, in ogni caso una brutta persona con cui non vorrei avere niente a che fare. Pensare che ha assistito impassibile al prelevamento coatto e barbaro del figlio con sguardo fiero e soddisfatto per averla avuta vinta. Caro Signore, ci vorrà molto più che un buon avvocato per rimettere a posto le cose con suo figlio e per riparare, se mai sarà possibile i danni che ha provocato.

Complimenti infine alle forze dell’ordine, agli agenti che hanno eseguito sto capolavoro. Si lo so, voi in fondo vi ritenete i meno responsabile, voi stavate eseguendo gli ordini e gli ordini non si discutono. Vi affidano un compito e voi lo eseguite. Sappiate che anche nel processo di Norimberga gli imputati si difendevano così. Che delusione !!! Io ci sono cresciuto tra i poliziotti, per fortuna erano molto diversi da voi e spero che la maggioranza dei vostri colleghi non vi somigli oggi come allora.

Cari signori, siete tutti colpevoli di gravi crimini contro l’umanità, e se non ve ne siete resi conto, se non avete capito quanti danni potete aver causato siete pericolosi per voi e per gli altri. Nessuno di voi a fatto un passo indietro per amore di quel bambino, di quel piccolo essere umano non vi è fregato meno di niente e per le vostre futili ragioni, gli siete passati sopra con il rullo compressore, gli avete rubato l’infanzia e la serenità.

Auguro a tutti voi di provare moltiplicato per 100 e per il resto della vostra vita, lo stesso terrore e smarrimento che deve aver provato quel bambino in quei terribili 3 minuti, perchè come diceva una vecchia pubblicità non c’è niente di meglio che “provare per credere !!!”.

Ora o mai più

Dopo la giornata di oggi, quella per la cronaca in cui il mercato italiano è sceso praticamente sotto i minimini di sempre, dove il nostro Mario Draghi è stato umiliato e sconfessato, in cui lo spread Btp-Bund è salito sopra quota 500 e quella infine in cui il decennale spagnolo è arrivato a livelli, letteralmente, da tragedia greca, si può solo concludere che la strategia europea per fronteggiare la crisi è stata un colossale fallimento e che l’Italia, rispettando le indicazioni “europee”, si sta scavando la fossa con le proprie mani, subendo anche la beffa di essere equiparata, nell’opinione pubblica globale, alle vicende ben peggiori della Spagna.

La situazione si può definire persino grottesca se si leggono le dichiarazioni del ministro delle finanze della Germania di fronte al downgrade di Moody’s, che, tra l’altro, arriva dopo un inquietante e inedito netto peggioramento del Bund negli ultimi due giorni: “La Germania, attraverso una solida politica economica e finanziaria, difenderà il suo status di porto sicuro e continuerà a mantenere responsabilmente il suo ruolo di ancora nell’eurozona”. In pratica la Germania continuerà a fare quello che ha fatto finora e che le ha permesso di avere tassi sul debito ridicoli (lo status di porto sicuro) e valuta debole.

Posto che ci si sta velocemente avviando verso territori economici e finanziari inesplorati, in cui le teorie economiche studiate sui libri trovano difficile applicazione si può almeno tentare di raggiungere l’obiettivo minimo di chiarirsi un po’ di più le idee sui problemi in atto. Non c’è attualmente niente che possa mettere al riparo dalla speculazione il debito sovrano italiano che è per dimensione, per estrema debolezza politica e per contrazione del Pil facilissimo da colpire. L’unica efficace barriera potrebbe essere messa in atto dalla Bce se le venisse permesso di comportarsi come la Fed, ma se le premesse sono quelle di cui sopra con la Germania decisa a difendere il suo status di porto sicuro allora ci si può mettere il cuore in pace.

È abbastanza difficile prevedere nei dettagli cosa ci sia alla fine di questo percorso: un’eurozona monca in una o più parti, la dissoluzione totale della moneta unica o perfino la sopravvivenza dell’euro. Una cosa però è certa per l’Italia alla fine di questo percorso c’è solo la distruzione del sistema economico e la spoliazione a prezzi d’affezione delle sue parti più sane e pregiate (Unicredit, Avio, Ansaldo Energia, telecomunicazioni, assicurazioni, immobili, ecc.). È vero che il Bund negli ultimi giorni è peggiorato, ma si parte da livelli per cui per la Germania un incremento dei tassi è un costo del tutto sostenibile soprattutto se si accoppia con una svalutazione dell’euro.

Qual è la strategia dell’Italia in questa fase? Aggredire efficacemente due trilioni di euro di debito pubblico nel breve con la vendita del patrimonio immobiliare in una fase in cui ogni compratore con un minimo di buon senso sa che aspettare è la tattica migliore a meno di svendite colossali? Cedere gli asset pubblici da “venditore obbligato” sapendo che le uniche società italiane su cui un compratore estero può avere interesse sono quelle veramente buone che purtroppo coincidono con quelle che un governo che voglia fare un minimo di politica industriale non dovrebbe mai vendere? O infine, ma siamo all’accanimento terapeutico, aumentare Iva e tasse per raggiungere il pareggio e far diminuire lo spread? Nemmeno ovviamente si può prendere in considerazione l’ipotesi che il problema per i mercati sia l’incertezza politica del dopo-Monti e i timori che venga abbandonata la politica del rigore che tanto bene ha fatto all’economia italiana.

Posto che uscire dall’euro è un male la situazione attuale fa seriamente pensare se non sia per caso il male minore. Se alla fine della strategia tedesca per l’Europa c’è il collasso finanziario e industriale dell’Italia, che pure ha le sue colpe con uno Stato costoso e inefficiente, allora tanto vale provare un’altra strategia osando di più sia in termini di “minacce” ormai credibili, sia in termini di disobbedienza alle richieste di rigore che vengono dall’Europa. Gli scudi anti-spread non esistono e i partner europei si sono messi in proprio per uscire dai guai o per sfruttare la situazione.

Stampare euro e immettere liquidità sarebbe l’unica soluzione vera per evitare il peggio, se non è possibile, allora in alternativa si valuti davvero di stampare lire abbandonando l’Europa. Ne deriveranno tempi duri, ma almeno si può provare a salvare il sistema industriale e con esso la possibilità di evitare di uscire per sempre dal “primo” mondo, magari perfino guadagnado una qualche libertà di scegliere il proprio destino.

Dico questo con estrema amarezza, da europeista convinto. Ma la realtà va guardata in faccia, e la realtà dice che di europa non vi è traccia. Il disegno tedesco sembra proprio quello di portare alcuni competitors fastidiosi  come Italia e Francia alla disintegrazione del loro tessuto industriale, in modo che la loro uscita dall’euro tardiva e magari forzata non li renda competitivi e fastidiosi con una moneta molto più aggressiva nei confronti dell’euro stesso  o del marco.

Se c’è un popolo, in europa e nel mondo che può farcela anche da solo, quel popolo siamo noi. Noi siamo l’unico popolo che è stato capace di diventare in pochi anni una potenza economica mondiale di primo piano, passando dall’emigrazione all’immigrazione, noi siamo quelli che hanno spiegato agli americani che cosa era l’informatica, noi abbiamo una posizione strategica nel mediterraneo, per un futuro del mondo che dice che è ora di guardare a Sud e non a Nord.

Questa in fondo è l’unica cosa che temono i tedeschi, che gli italiani possano diventare una volta sganciati dall’euro, i “cinesi d’europa”, ma con lo stile made in italy che ha sempre conquistato il mondo, per questo prima di sganciarci definitivamente voglio essere sicuri di averci ammazzato economicamente.

Non è più tempo di buone maniere e parole a vuoto, è ora di sbattere i pugni sul tavolo, di minacce serie accompagnate da piani industriali che facciano a meno dell’euro, di date certe dove o le cose che devono essere fatte a livello europeo succedono, oppure ognuno per se e Dio per tutti. Personalmente non ho più parole…… ma solo parolacce.

IN QUESTO MONDO DI BANCHE

Tutto quanto fa spettacolo !!!

Chiunque ha dotato gli esseri umani del libero arbitrio, ha sicuramente un gran senso dell’umorismo. Immaginando che il mondo sia una specie di enorme casa del grande fratello, chi ci sta osservando si sta facendo delle sonore risate. Se esiste un network televisivo intergalattico, il canale Terra non ha sicuramente rivali per ascolti. Ma noi, almeno la maggioranza di noi che in questa scatola ci vivono, da ridere hanno ben poco.

Ieri mattina il governo e le autorità di controllo britanniche si sono improvvisamente svegliate come Alice nel paese delle meraviglie per apprendere che il paese è  in recessione, (della serie… ma dove hanno vissuto negli ultimi 4 anni ?), che le maggiori banche inglesi sono accusate di aver manipolato l’indice Libor e Euribor e che le stesse hanno venduto prodotti finanziari truffaldini ai clienti “small business”. Tradotto in parole povere significa che le principali banche del paese si mettevano d’accordo per taroccare i tassi d’interesse e per truffare i piccoli imprenditori. E siccome vige il detto, più siamo e meglio stiamo, ed  il mondo è diventato piccolo, hanno allargato il giro a banche canadesi e giapponesi.

I registi intergalattici del “grande fratello Terra” hanno superato se stessi facendo interpretare ai funzionari di banca inglesi la non più solo italica filosofia del “tengo famiglia”, visto che tutti  sapevano di vendere prodotti finanziari truffaldini, spacciandoli come protezione agli alti e bassi dei tassi d’interessi,  ai clienti titolari di piccole imprese e attività economiche, che come il marito tradito, è sempre il solo a non sapere.

Visto che nessuno è saltato fuori gridando ” niente paura siete su scherzi a parte” siamo di fronte a una “cultura del cinismo e dell’avidità abbastanza scioccante”, non esattamente una scoperta degli ultimi giorni, ma non bisogna dimenticare che si tratta di persone e di autorità che per anni hanno ignorato quello che vedevano e  dovevano denunciare.

Ci sono questioni culturali molto rilevanti che devono essere affrontate, ci sono cose che devono essere sistemate senza ulteriore indugio come la separazione tra banche e finanziarie, che dovrebbe essere la regola, ma che qualche anno fa è caduta su impulso statunitense, facendo di banche e finanziarie istituzioni che agiscono di concerto senza che una vera concorrenza possa influenzare e correggere in alcun modo gli eccessi e creando un centro di potere che sfugge ai controlli e agli indirizzi di autorità e banche centrali.

Ma quanto bisogna essere ottimisti per credere che queste cose in futuro non accadranno più ? Quante truffe prima di questa ci hanno fatto credere che non si sarebbe mai potuto andare oltre ? Come dire, se ti stanno per fucilare ed il capo plotone ha gia impartito i comandi “mirare” e “puntare”, quanto devi essere ottimista per credere che il comando “fuoco” non arriverà mai ? Siamo ormai di fronte ad una conclamata Disonestà elevata a sistema, perché il sistematico truccare i conti e le comunicazioni al pubblico non può essere scambiato per un incidente o per una svista, e non si tratta più di casi sporadici o di qualche mela marcia.

Per aggiungere insulti a lesioni gravi gli autori di questa truffa su Libor ed Euribor che ha prodotto miliardi di dollari di danni in giro per il pianeta, subiranno sansioni economiche ridicole che saranno comunque pagate con i soldi dei contribuenti inglesi, versati dallo stato alle loro banche per salvarle nel 2008.

La manipolazione del tasso d’interesse serviva alle banche per due motivi: da un lato dava ai mercati la percezione di godere di ampia fiducia, fugando dubbi sulla propria solidità; dall’altro aiutava i traders a pilotare i contratti derivati (I famigerati CDS) verso il maggior profitto. A prescindere dai provvedimenti che colpiranno i maggiori colpevoli, pare evidente che la finanza britannica appaia a tutti disonesta e inaffidabile ( come quella del resto del mondo), il che rappresenta un vero problema per il governo inglese, che aveva appena aperto una linea di credito da 80 miliardi di sterline, destinata alle banche per  finanziare proprio quello “small business” che secondo le ultime notizie invece sono abitualmente dedite a truffare. Che altro può essere tutto questo se non un fantastico reality show ?

Fatto l’accordo… Trovato l’inganno !!!

Il rischio di credere che sia finita

Nel fine settimana si è tenuto l’ennesimo vertice Europeo. Le truppe cammellate italiane francesi e spagnole sono partite all’assalto dell’armata tedesca al grido  “Europa o morte !!! “. Dopo giorni di pre tattica, annunci e smentite, riaffermazioni di posizioni note, minacce nemmeno troppo velate di veti incrociati su soluzioni che stavano a cuore a una o l’altra fazione, seppellito sotto montagne di carte e poche vere idee, qualcosa è venuto fuori.

Tralascio il punto inerente al fondo di finanziamento della crescita che trovo stucchevole e ridicolo, 120 miliardi di euro per 26 paesi sono come tentare di spegnere un grosso incendio con un solo secchio d’acqua, il punto di svolta, il clou del vertice sarebbe il famoso “scudo anti spread”, un meccanismo automatico che consentirebbe alla BCE senza chiedere niente a nessuno, di intervenire nell’acquisto massiccio di titoli di stato di uno o più paesi europei attaccati dalla speculazione, in modo da mantenere i tassi d’interesse del debito pubblico entro limiti sostenibili.

Però come e perché questo scudo debba funzionare è talmente poco chiaro, che la stessa definizione sopra enunciata potrebbe rilevarsi incorretta. Probabilmente si farà luce il prossimo 9 luglio quando si dovrà comunque procedere alla stesura del decreto attuativo dell’accordo. Nella sostanza poca cosa.

Ma questa piccola cosa non ha tardato a farsi sentire sui mercati, che hanno archiviato una giornata da incorniciare per le borse europee e mondiali. Tanta euforia non si vedeva dal 10 maggio 2010, proprio il giorno dell’annuncio dell’istituzione del Fondo salva stati da 750 miliardi di euro. L’intesa sull’utilizzo dello stesso Fondo  per calmierare lo spread ha fatto ripartire i listini e ha incassato il plauso del presidente Usa, Barack Obama.

Ma se c’era già, dovè la differenza ? Perché sui mercati si scatena un delirio di acquisti per niente di nuovo ? La differenza la fa una sola parola : “automaticamente”.

Vale a dire, niente più richiesta formale, niente più esposizione del paese sotto attacco alla pubblica gogna e conseguente panico da fine del mondo, niente più mesi di ritardo nell’intervenire, niente più commissariamento del paese in questione.

Sarà proprio così ? I mercati sembra ci abbiano creduto. Tutti noi ci vogliamo credere. Tutti stiamo sperando che non sia l’ennesimo bluff, che i leader europei abbiano smesso di scherzare con il fuoco e abbiano finalmente intrapreso la strada del buon senso.

Ma voglio essere ottimista, anche perché Draghi (un altro Mario per la felicità della Merkel) aveva già intrapreso questa strada alcune settimane fa, intervenendo sui mercati senza chiedere niente a nessuno. Alla immediata manifestazione di disapprovazione della Merkel e delle banche tedesche, Draghi ha fatto spallucce, come dire, forse potete cacciarmi, ma fino a che sono qui, non potete dirmi quello che devo fare.

Allora siamo fuori dal tunnel ? Abbiamo finalmente invertito la rotta ? Non ci sperate. I famosi compiti a casa non sono finiti e Italia, Spagna, Gracia, Portogallo e Irlanda restano paesi a rischio per se stessi e per la stessa Europa.

Guardando a casa nostra, se il Mario Monti non riesce a trovare attraverso tagli di spesa significativi le risorse per scongiurare qualsiasi altra misura recessiva (vedi aumento dell’IVA) saremo di nuovo al punto di partenza e con meno tempo a disposizione per evitare il peggio.

Nella migliore delle ipotesi, visto che difficilmente la Merkel sarà disponibile ad approvare quelle misure che realmente servono all’Europa, (BCE come prestatore di ultima istanza, eurobond ecc), dobbiamo cercare di stare a galla fino all’anno prossimo, quando le elezioni in Germania (speriamo) la elimineranno dallo scenario europeo.

Ma neanche questo basterà. Ammesso e non concesso di arrivare vivi alla meta, per rimanere nel club mondiale di quelli che contano e per rallentare lo spostamento in corso dell’egemonia economica mondiale da occidente ad oriente, l’Europa tutta dovrà crescere a ritmi non inferiori del 6% – 8% all’anno.

L’Europa è un grande mercato formato da oltre 580 milioni di persone e per gran parte di  quel valore di crescita potrebbe bastare a se stessa, se solo fosse veramente integrata, unità e libera al suo interno di far circolare gente, merci e servizi.

Ma per crescere, crescere davvero occorre reinventarsi come Europa e questo è meno semplice. Occorre mettere a punto un nuovo manifesto su come vincere la sfida della competitività. L’Europa economica è dominata dalla tendenza all’imitazione, dove individui e organizzazioni non agiscono da veri protagonisti, dove le azienda non riescono a portare innovazione.

Competenza e denaro sono ingredienti necessari anzi indispensabili, ma non sufficienti. Abbiamo bisogno di un modello di comportamento non adottato da altri, dobbiano forzare le nostre regole e proporre soluzioni innovative.

Le business school, il benchmarking e le best practice hanno trasformato le nostre economie in un supergruppo di aziende fotocopia, che continuano a proporre un modello di sviluppo che, oltre a non reggere le sfide dell’economia globalizzata, semplificano il dumping asiatico e cinese. Abbiamo invece bisogno di “darwinismo economico”,  di evoluzione, di trasformazione.
I motori di questa trasformazione sono tre: la tecnologia (che amplia le possibilità dell’individuo), le regole (da trasgredire e da ricreare) e i valori, che devono essere valori comuni europei, capaci di instaurare nuovi legami e creare finalmente un’unica comunità. Abbiamo bisogno di cultura europea, di interscambio e conoscenza. Oggi è solo grazie alla nostra ignoranza europea ad esempio, che siamo preda di pratiche economiche scorrette.

Abbiamo bisogno di visionari capaci di guardare al futuro dell’Europa tra 10, 20, 50 anni.  Non cominciare da subito a pensare che i singoli paesi europei sono l’uno per l’altro  una grande ricchezza proprio per loro diversità, trasforma questi stessi paesi in un no-sense, come la padania e paperopoli.

TANTO VALORE DAL NULLA

Come trasformare 10.000 euro in 10.000.000

I processi descritti sono stati volutamente semplificati e le cifre riportate sono simboliche.

C’era una volta una piccola ed insignificante società a responsabilità limitata con un piccolo, piccolissimo capitale sociale, il minimo previsto. Ovviamente questa società non godeva di nessun credito e chi l’aveva fondatasi se ne era anche pentito.

Una mattina il giovane ed ignaro fondatore, dopo aver pagato l’ennesima tassa per la semplice esistenza della piccola società incontrò il maghetto della finanza che rilevò la società senza spendere nemmeno un soldino.

Appena entrato in possesso della sua nuova società il maghetto tirò fuori dalla scrivania la documentazione di alcuni software di cui non aveva mai saputo che fare e si rivolse ad una società informatica per una perizia tecnica. questi vecchi software furono minuziosamente descritti e valutati per un valore economico di circa dieci milioni di euro. Il software ovviamente non valeva neanche il costo dei DVD su cui erano martirizzati. Costo della perizia 2000 euro.

Con la perizia tecnica in mano il maghetto si precipitò dal suo consulente fiscale che gli trovò un professionista abilitato con tanto di scrittura all’albo per elaborare e depositare una perizia economica. La perizia, manco a dirlo, confermò quanto asserito nella perizia tecnica ed ora era ufficiale, quel software valeva dieci milioni di euro. Costo della perizia economica 3000 euro più una cena offerta al collaborativo consulente fiscale.

Con le due perizie in mano il maghetto andò da un notaio che elaborò un atto di aumento di capitale sociale in apporto gratuito di beni immateriali (il famoso software) e l’insignificante società si trovò magicamente con un capitale sociale di dieci milioni e diecimila euro. Costo del notaio 2500 euro.

Dopo la registrazione in camera di commercio dalla visura risultava:

Societa xyz Srl

Soci : Maghetto

Capitale sociale : 10.010.000,00 euro

Apporto             : IN DENARO

… In denaro capite ? chiunque avesse fatto una visura sulla società avrebbe avuto come informazione che i soci ossia il maghetto aveva aperto il portafoglio e messo nella sua società quella cifra. Ma tutto il rischio del maghetto fino a questo punto era stato 7.500 euro + una cena !!!!

Ora bisognava far sparire ogni traccia dell’origine reale del capitale… Non sono mica tutti stupidi. Magari qualcuno non si basa sulla visura, ti chiede l’atto costitutivo e quello del aumento del capitale e li il trucchetto viene fuori.

Allora ecco un’altra magia. Costituzione di una nuova società, possibilmente SPA, con scissione di ramo d’azienda dalla vecchia srl ed apporto del valore in capitale sociale nella nuova.Il capitale sociale viene arrotondato a 10 milioni per evitare sospetti.

A questo punto il nostro maghetto ha in mano una start up ben capitalizzata, gli servono un business plan e un pò di soldi per creare l’effetto leva.

Contatta una decina di banche, fa una prima selezione e decide di approfondire con tre di queste. Con ognuna di loro tratta quasi con sufficienza un primo affidamento. E’ bravo il maghetto, sembra che i  soldi li debba dare lui alla banca e non viceversa. Tratta il tasso d’interesse fino allo sfinamento ed ottiene il risultato sperato. 2.000.000 di  euro di fido al tasso del 3,%. Garanzie ? Ma il capitale sociale naturalmente.Cosa fa con questi soldi ? Compra obbligazioni Australiane al tasso del 7,5% con stacco cedola trimestrale. Quindi ogni tre mesi la banca gli addebita 15000 euro e lui ne incassa 37500.

A questo punto il maghetto chiama una banca svizzera. Senta, devo cogliere una buona opportunità sui mercati finanziari, potrei smobilitare degli investimenti obbligazionari ma mi stanno rendendo cosi bene….. dice il maghetto. Ma non serve, lo interrompe il banchiere, se i titoli sono buoni li prendiamo a garanzia e la finanziamo noi.

Visti i titoli, la valuta ed il periodo, la banca propone al maghetto un contro valore di 1.600.000 euro di prestito (80%) ad un tasso del 2% con cui il maghetto…. compra immediatamente altri 1.600.000 euro di obbligazioni Australiane al 7.50%.

Quindi alla fine del trimestre la situazione diventa questa:

Costo interessi banca italiana: 15.000 – Costo interessi banca svizzera  8.000

Ricavi prima trance : 37500 – Ricavi seconda trance: 30000

La faccio breve. Il giochino dei titoli è stato fatto con diverse banche svizzere con un effetto leva del 400%, è durato 3 anni ed ha reso :

Al maghetto circa 1.200.000 euro – alle banche circa      600.000 euro

La società è stata poi svenduta, si fa per dire, a 300.000 euro, con cui sono stati coperti tutti gli oneri fiscali, amministrativi e vari.

POTENDO FONDEREI UNA BANCA

La regola magica dalla “Riserva Frazionata”

Se le leggi, furbescamente promulgate per impedire l’accesso al paradiso dei banchieri, non rendessero l’impresa pressoché impraticabile, fondare una banca sarebbe la cosa più sicura e redditizia al mondo.
Infatti, con un piccolo investimento per la struttura fisica, qualche impiegato e un modesto gruzzolo di base, tutte cose che potrei permettermi accendendo un mutuo con una banca esistente, potrei cominciare subito ad erogare prestiti e mutui a mia volta per 50 volte il gruzzoletto iniziale. Poi mi basterebbero i depositi dei primi clienti per essere autorizzato a concedere altri prestiti e mutui, sempre per 50 volte gli importi dei depositi, e addirittura senza limiti per prestiti vincolati per almeno 2 anni.
Cammin facendo, mietendo lauti ritorni con gli interessi sui prestiti, concessi senza avere in cassa che 1/50 di quanto prestato, di cui solo un’infima parte costituito dal mio gruzzolo iniziale, più tutte le “spese” che addebiterei sotto le più fantasiose diciture (commissioni di massimo scoperto, penalità per sconfinamenti, spese spedizioni contabili ed estratti conto, canoni di tenuta conto, ecc.), le rate del mio proprio mutuo per far fronte alle spese iniziali costituirebbero un passivo talmente irrisorio rispetto alle voci attive che me lo terrei soltanto per rallegrarmi ogni giorno della crescita esponenziale dei ricavi che quel debito di partenza mi ha procurato e continua a procurarmi. Partendo con € 200.000, ad esempio, dopo un solo annetto, potrei giostrare qualcosa come € 10 milioni! Niente male.
Ogni mattina, arrivato in banca, tra gli inchini dei clienti, che mi ossequiano come se il cliente fossi io, aprirei la finestra per godermi la visione del traffico caotico che ingolfa le vie cittadine: tutta gente che si affanna, si arrabatta e si indebita ogni giorno di più per permettere a me, e agli altri banchieri come me, di vivere da nababbi, senza i problemi di sopravvivenza che tormentano gli “altri”, eccezion fatta per i politici, che provvidenzialmente i banchieri che mi hanno preceduto hanno avuto l’accortezza di insediare al governo e di renderli ciechi, sordi e muti nei riguardi della nostra casta. Come? Dando loro la facoltà di distinguersi dal “popolo vile”, con una ridda di privilegi tali da non dover rivolgersi a noi per prestiti e mutui, da non dover affogare nel lavoro per non affogare nei debiti, e infine, dopo almeno 30 mesi di servizio con due bei paraocchi rispetto al sistema bancario, la prospettiva di una dorata pensione, a partire da qualsiasi età, esentasse come ogni loro altro emolumento durante il “servizio”.
Unica contropartita: non disturbare il manovratore, ossia i Grandi Banchieri, che manovrano il mondo al loro servizio: il c.d. “servizio del debito”. Insomma, i politici li lasciamo liberi di discettare su tutto, tranne che su di noi.
Possono persino lasciar trapelare cosa guadagnano, tanto la gente li rivota lo stesso; ma quello che guadagniamo noi supera ogni immaginazione e deve restare top secret: non vorremmo fare la fine di Luigi XVI e Maria Antonietta.
Devo proprio esser grato ai nostri Padri Fondatori, così preveggenti: pensate, già nel XVII secolo crearono dal nulla la Banca d’Inghilterra, dandole questo nome tanto per confondere le idee e farla credere di proprietà statale, così come fecero, oltre 2 secoli dopo, i loro discendenti con la Federal (!) Reserve americana e la Banca d’Italia. A proposito, peccato che questo nome l’abbiano già occupato; pensate se potessi fregiarmene per la mia banca, ancora piccola, ma “con ottime prospettive per il futuro” (come nella battuta di Renato Pozzetto, ma nel mio caso è la pura verità). Sì, sono ottimista e fiducioso, a differenza di tutti costoro che scorrazzano davanti alla mia finestra per riuscire a portarmi il loro obolo entro l’orario di chiusura. Io spero che non se la cavino, così quello che mi han dato in pegno, che so, una casa, un terreno, insomma roba solida, me lo incamero io. E dire che io non gli ho dato altro che numeri su un computer!
Questi sì che sono contratti equi e solidali: io ti do la mia parola e tu mi dai i tuoi averi! Del resto, oggi abbiamo superato i Padri: quelli, almeno una parte della moneta emessa l’avevano coperta da una riserva aurea e infatti vi stampavano sopra “pagabili a vista al portatore”; non solo, ma anche “la legge punisce i fabbricatori e gli spacciatori di biglietti falsi”. Oggi, più niente di tutto questo. Perché incriminarsi da soli? Qualcuno potrebbe saltar su e dire: ma i vostri biglietti sono falsi, visto che l’oro delle riserve ve lo siete quasi tutto venduto. La cosa migliore, quindi, è far sparire le banconote e ricorrere solo ad assegni, carte di credito, bonifici, ossia mere scritture contabili.
L’attuale governo è stato molto comprensivo a questo riguardo ed è sulla buona strada verso la sola moneta virtuale; del resto, i due maggiori responsabili della politica monetaria, Prodi e Padoa Schioppa, ci sono sempre stati vicini, se no mica sarebbero al governo. Anche l’opposizione, a dir vero, se ne sta buona e zitta. Solo la Lega è scossa a tratti da qualche fremito ribelle, come quella mozione del novembre scorso al Congresso Provinciale di Torino. (*) Non oso pensare a quanti voti prenderebbero, loro come qualunque altro partito, se mai rivelassero le nostre mene.
L’importante comunque è trovare sempre scopi nobili per mascherare fini meno confessabili: in questo caso basta etichettare la marcia verso la moneta virtuale come mezzo di lotta all’evasione fiscale. Del resto, non si ricorre anche all’idolo degli attuali governi, la democrazia, o alla lotta al terrorismo per giustificare una guerra (spacciandola per difesa), o alla sicurezza, ingigantendo i pericoli, per alzare le sanzioni a chi non si adegua? Democrazia, sicurezza e lotta all’evasione fiscale sono oggi le chiavi di accesso a qualunque sopruso.
L’importante è usare termini soft, e un minimo di bon ton, che diamine; e non, come m’è capitato l’altro giorno, che un cliente, a cui ho pignorato la casa per insolvenza, mi ha aggredito verbalmente ed è arrivato a darmi del truffatore. Impudente! Forse non sa che io, nel mio piccolo, mi attengo a quello che le banche centrali fanno nei confronti dei governi. E che, crede davvero lo screanzato che la BCE, come ho già accennato poc’anzi, risponda in solido dei miliardi di euro che “presta” agli Stati membri, come l’Italia? Mica siamo nell’Ottocento, è lo Stato che risponde in solido, ricevendo moneta fasulla e garantendo chi gliela cede coi Titoli di Stato, ossia con le tasse che impone ai suoi cittadini, trasformandoli in contribuenti, proprio per pagare gli interessi maturati negli anni (il c.d. debito pubblico, che dal nostro punto di vista è un credito privato). Le tasse, mica servono solo per finanziare le opere pubbliche: il grosso serve per pagare gli interessi alla banca centrale. E quelle commerciali, come la mia, fanno né più né meno la stessa cosa coi loro clienti. Insomma. la banca centrale vive dei debiti dello Stato e noi di quelli dei cittadini.
E infatti sto distribuendo ai miei correntisti un depliant (vedi sotto) che è un inno all’indebitamento. Non lo chiamo così, però: suona male. Oggi si chiama “credito personale” o “credito al consumo”. E la carta che lo rispecchia, visto che quella “classica” si chiama di credito, non mi resta che definirla con un nome inglese: carta “revolving”. Questo, anche per avvicinarci un po’ alla via tracciata già da tempo negli States e negli altri Paesi europei. E che, vogliamo sempre essere i terroni d’Europa? Nossignore, e infatti ci stiamo, anzi, si stanno (io mica faccio parte del branco) rapidamente allineando ai Paesi più evoluti, con una media di debito di € 12.000 e una durata di 4 anni. Il nostro obiettivo è di renderli tutti nostri debitori per durate in continua crescita. Tanto a noi non costa più neanche la stampa di carta moneta: una carta (continuiamo a chiamarla così, ma è di plastica vile) di credito o “revolving” dura almeno 3 anni, e può macinare migliaia di euro! In confidenza, però, sotto sotto, se alzo gli occhi dal mio orticello e vedo una nazione di debitori, qualcosa mi dice che non sia proprio un bene: gli States, che tutti imitiamo, a furia di vivere di prestiti sono sull’orlo della bancarotta. Leggo su un sito americano di finanza che gli americani hanno stipendi sempre più bassi, eppure le domande di prestiti crescono: ci si aspettava una crescita di $ 3 milioni in febbraio contro i $ 5,6 milioni reali; e addirittura $ 13,5 milioni, contro i $ 4 milioni previsti per marzo. Visto l’andazzo, le società di carte di credito hanno fatto varare leggi draconiane contro le insolvenze, equiparate d’ora in poi alle bancarotte.
Forse anche questo è il nostro, anzi il vostro, destino, ma io per ora mi godo i privilegi che ho: carpe diem, dicevano i Romani. E’ vero, sono finiti male; ma, alla lunga, tutti hanno momenti di gloria e poi tramontano; dobbiamo saper godere di ciò che si ha, senza pensare troppo al futuro. Beh, è ora che torni al lavoro, il mio quarto d’ora di orgasmo quotidiano è finito, c’è già una fila di gente in attesa di prestiti, devo scaldare il computer…