IL BUONSENSO MI DICE : NO TAV

«Sarà per il fatto che sto attraversando, come gran parte degli italiani, una fase di rigetto per la politica (partitica), sarà che l’indole rivoluzionaria che c’è in me non si è mai spenta, ma provo immensa simpatia per i 10 mila montanari che non bevono la verità ufficiale e vanno a mani nude (gli agitatori vengono da altrove) a difendere le loro montagne, contro un’opera che nessuno ha mai voluto spiegare loro fino in fondo, dovendo probabilmente nascondere qualcosa.

Personalmente Non credo nello sviluppo infinito, così come credo sia inutile fare un treno che sfreccerà (fra 15 anni!) a 300 km/h, sotto un tunnel di 50 chilometri, trasportando non si sa quali merci.

Il futuro del manifatturiero italiano è a dir poco incerto: fatevi un giro per le nostre zone industriali. La situazione si è deteriorata negli ultimi 2-3 anni: le fabbriche chiudono o delocalizzano. L’agricoltura è in ginocchio. Credo quindi sia del tutto legittimo domandarsi: quali merci trasporterà questa ferrovia, in un’Europa che fabbrica sempre meno beni materiali?

Le infrastrutture che fanno funzionare un paese sono quelle «normali», che migliorano la qualità della vita della maggioranza delle persone. L’Alta velocità la prenderò io, perché mi pagano per viaggiare. Non la prenderà la famigliola Fumagalli per andare in gita in Francia, perché costerebbe una fortuna.

Le «grandi opere» sono spesso un fiasco, hanno un grande valore simbolico, arricchiscono poche persone. Gli esempi non mancano, primo fra tutti quello del tunnel sotto la Manica, che ha mandato in rovina centinaia di investitori.
Se questi «corridoi Tav», che corrono dal Portogallo agli Urali (ma chi è quel pazzo che andrà da Lisbona a Kiev in treno?) li vuole l’Europa, per me non cambia nulla. Ha senso farli, se migliorano la rete dei trasporti e la qualità della vita dei cittadini europei. Se per fare una tratta di 400 km ci metto 25 anni, allora non la voglio anche se me lo dice Bruxelles.

La Tav ha forse senso nelle pianure germaniche e nella vuota, noiosa e pianeggiante Francia. Nella montagnosa Italia è ridicola. Facciamo dei treni normali che viaggiano puntuali a 150 km/h. Basta e avanza. Io già non sono mai entusiasta di buttarmi sotto la galleria dell’Appennino o del Sempione a 130 km/h. Non so che sensazione proverò nel lanciarmi a 280 km/h tra Bologna e Firenze, in galleria al 70%. E ti assicuro che non sono per niente un fifone.

Però mi chiedo: il giorno che capita un incidente serio, che ne sarà di quest’opera? Andiamo in Svizzera e vediamo come diavolo fanno a far funzionare i treni normali, tra le montagne, da 100 anni. Capiremo perché i treni sono pieni e le autostrade molto meno trafficate che da noi. Quando attraverso la Svizzera in treno e vedo tutto questo mi dico sempre: ma allora si può fare!

Abbiamo la pancia piena e la casa calda: cerchiamo di migliorare la qualità della nostra vita e non la «quantità». Per andare da Milano a Lione ci metterò 45 minuti in meno, con la Tav. Ma quanto stride con:

1) milioni di persone che usano tutti i giorni treni pendolari sporchi e in ritardo, arrivando sul posto di lavoro già mezzi incarogniti;
2) Un servizio postale da terzo mondo;
3) un’organizzazione delle città e un sistema di trasporti fatti apposta per prendere l’auto anche per andare in bagno

Eppure nessuno promette di migliorare queste infrastrutture chiave. Del resto, quale campagna elettorale «di immagine» potrebbero costruirci sopra? Meglio promettere un mucchio di sciocchezze, anche perché gli italiani hanno la memoria corta e dopo 5 anni si ricordano il giusto.
Tu dicevi: fra 20 anni i treni dovranno andare a 300 km/h. Ma chi l’ha detto, dove sta scritto? Allora fra 40 anni dovranno andare a 500 km/h? Ma per andare dove? Ma chi lo dice che questo è un progresso? Perché non cominciamo a chiederci seriamente dove vogliamo arrivare e a che prezzo, non solo economico, con la nostra civiltà?

Abbiamo l’insensata presunzione che la nostra attuale civiltà durerà per sempre. Rassegnamoci: terminerà come tutte le altre che l’hanno preceduta. Facciamocene una ragione: così non si può andare avanti per sempre. Se ci pensiamo è a tutti gli effetti un’ovvietà: un’ovvietà dettata dalle leggi della fisica, della chimica, e anche dal normale buonsenso.

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